di Giovanni Toraldo

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Al XXXIII Campionato nazionale LITAB, grazie al primo posto ottenuto dal nostro maestro d’armi Mauro Tolomei, abbiamo ricevuto il trofeo intitolato a Domenico Lippolis, balestriere della compagnia di Ventimiglia.

Curiosi di conoscerne la storia, abbiamo chiesto agli amici ventimigliesi di inviarcela, che ripubblichiamo volentieri qui di seguito.

DOMENICO LIPPOLIS detto MINGUCCIO

«Dumenega matin, mi sun au Campu de Tiru, versu növ’ure, pe’ deix’ure t’aspeitu, che gh’ù da fa’ caiche travaglietu». Ad ogni primavera, da quando era in pensione: «Ven a stagiun bona, au dopusdernĂ , versu tre ure, mi vagu a fa’ dui tiri, cun a balestra antiga. Ti sai che ghe sun, fate ve’». Con queste accattivanti premesse, Minguccio teneva unito il nucleo attivo della Compagnia Balestrieri. «Se nu’ ti gh’ài de megliu, fermite a mangiĂ  cun nui, se famu in cundigliun e in bisteca insci’a grixĂ©la». Al termine della cenetta rustica, al Campo, che finiva per essere pantagruelica, ancorchĂ© amava tenere la dispensa sempre ben fornita, era consuetudine intavolare due mani alla “belota”, nelle quali difficilmente concedeva il benchĂ© minimo “atout” agli avversari.

Qualunque attrezzo mancasse, qualsiasi minuteria servisse ai balestrieri, il beneficiario della richiesta era: «Minguccio, ti ghe l’ài in scaupeletu, pe’ purrĂ© turnĂŹme ina vereta». Quando non trascorreva mezz’ora a tornire egli stesso il legno di dardo, per poi farne dono al balestriere poco intraprendente. Oppure, ricordando l’ottimo apprendistato da fabbro ferraio, forniva il “bagaglio” della Compagnia di irrinunciabili opere d’uso.

Nell’organizzare le trasferte teneva conto d’ogni minimo particolare, non dimenticando proprio nulla. Tanto che ad uno degli ultimi impegni esterni della Compagnia, quando lui stava già poco bene, i nostri amici hanno dimenticato addirittura il bancaccio in magazzino. Si era fatto una bella risata quando gliel’avevano raccontata, scuotendo il suo dignitoso capo canuto.

Molte delle istituzioni sorte nell’ambito dell’Agosto Medievale hanno trovato in Minguccio un caparbio propugnatore. Suo Ăš stato l’embrione di quella che diventĂČ la Comitiva Medievale: infatti sollecitava continuamente l’amico taggese Tomaso, per ottenere una curata realizzazione dei tanti indispensabili costumi d’epoca.

Gli Sbandieranti e le Tamburine della Rappresentativa ricordano i suoi molteplici interventi per addolcire la loro giovanile attivitĂ , per la quale era disponibile sempre, ovunque e comunque.

Anche nella Croce Verde degli anni cinquanta, quando era stato nominato «Direttore Tecnico» per i servizi, dedicando molto del suo tempo libero, aveva predisposto un eccellente organico ed una funzionale macchina organizzativa. Come donatore di sangue aveva raggiunto il massimo dei prelievi, contribuendo anche all’allargamento della base donatoriale, in Ă©quipe con il suo caro amico Dario.

Alla fondazione del Sestiere Cuventu era stato presente, dando anche a questo sodalizio il massimo della organicitĂ , fin quando andato in pensione - preferĂŹ dedicarsi alla sua ardita balestra. Non soddisfatto del suo primo teniere, ne aveva costruito uno, migliorandone notevolmente le prestazioni, che lo portarono al secondo posto nel Torneo nazionale del 1988. Campione di maggio nel 1991, al Funtanin, e vincitore di numerosissimi Tornei.

Aveva ricevuto il suo cognome greco nascendo nel 1928 a Putignano, famosa cittĂ  di Puglia, ma era giunto ancor bimbo nella sua Ventimiglia, dove il padre era venuto a sbrigare compiti di giardiniere.

A metà degli anni cinquanta lui stesso, che aveva seguito le orme paterne, era passato a dirigere i giardinieri comunali, organizzando un efficiente vivaio ed un efficace interventismo su aiuole ed alberi, fino ai sessant’anni della pensione, raggiunti nel 1989.

Anche Adriana Caramello, sua moglie, aveva raggiunto la pensione in quel tempo.

Ora, dal momento che, fin dal 1984 della fondazione, non poteva fare a meno di seguire Minguccio nelle trasferte della Compagnia, dotata dello specifico costume medievale che gli aveva donato; da quel momento non ha potuto fare a meno di frequentare maggiormente il Campo di Tiro, dove pranzi e cene si moltiplicavano incessantemente e lei dava una mano.

Nel marzo del 1993 Minguccio ci ha lasciati, ma sta seguendo da vicino i suoi balestrieri.